Lo scrivevo a un amico in una delle cartoline che ho inviato in questi due mesi di avventura fra Albania e Grecia: è una strana sensazione, mettersi in viaggio per un tempo così lungo. Perché ci sono momenti in cui ti sembra di esserti appena lasciato dietro la porta di casa, e altri in cui hai l’impressione di essere via da così tanto che i contorni del tempo reale appaiono sfumati. Non lo so davvero cosa sia giusto provare quando si affrontano 60 giorni di viaggio in moto, perché so solo come mi sento io e il come mi sento io non è una legge universale.
Ma quello che ho percepito in questi due mesi, e lungo questo viaggio che non si è ancora concluso, è stata una grande lucidità, e una grande consapevolezza. Data dal fatto che mi sono resa conto che il viaggio, almeno per come lo vivo e lo contemplo io, non è affatto diverso dalla vita reale, dalla vita quotidiana. Non è una fuga, ma un essere profondamente presenti in se stessi, nei propri obiettivi e nelle proprie sensazioni.
Questi 60 giorni di viaggio in moto non sono stati una vacanza, sono stati il tempo che la mia mente ha deciso di darsi per tornare a respirare, e mettere ordine alle cose.
Sono partita a ottobre, e senza aver deciso una data di rientro. Mi ero detta che avrei capito man mano, che avrei dedicato le mie energie alle cose che amo fare di più, finalmente senza fretta. Che mi sarei donata del tempo, dopo tante corse e dopo tanto lavoro, per studiare un piano e decidere cosa fare del mio futuro. Sempre cercando di mantenere una visione positiva, restando ottimista e fiduciosa.
D’altronde ho fatto una scelta importante, quando ho lasciato un lavoro a tempo indeterminato che mi rendeva infelice, in Italia, per tornare a Disneyland Paris per 6 mesi (ed essere felice). Sapevo che dopo questo periodo di lavoro sarei stata di nuovo al punto di partenza, e dovevo accettare anche il fatto che questo potesse farmi paura.
Dopo quei 6 mesi sarei potuta ancora restare a Parigi a lavorare, e anche chiedere un tempo indeterminato, ma ho scelto di darmi altro tempo. Per capire cosa fare, per capire cosa voglio, per capire qual è la strada giusta per me prima di attaccarmi alle situazioni in maniera più definitiva e rendere ogni decisione difficile. Sapevo che con il denaro messo da parte in Francia non sarei potuta arrivare in Nepal, per realizzare il mio grande sogno, così ho deciso che avrei fatto qualcosa di più breve, ma che mi desse anche occasione di mettere alla prova la mia nuova due ruote. Ed eccomi qui, ora, dopo 60 giorni di viaggio in moto e la sensazione che tutto quanto ho appena scritto sia stato vissuto in un battito di ciglia.
Il viaggio mi ha aiutata a capire in cosa scommettere, e in cosa credere. In me stessa, prima di tutto.
Quando sono partita a ottobre non sapevo quando sarei tornata, e credevo sarei stata via di più, ma ora sento che è il momento di rientrare. Ho trovato quello che cercavo da questo viaggio, e ora è tempo di seminare i sogni e vederli crescere. Una volta tornata a casa mi iscriverò ad un corso che meditavo di intraprendere da tempo, nella speranza che dia i suoi frutti a livello professionale, e nel frattempo cercherò un lavoro. 60 giorni di viaggio fra Albania e Grecia mi sono serviti per capire, una volta per tutte, che è tempo di investire su me stessa e crederci come si deve. Perché è ciò che desidero fare, e non posso accettare il fatto di vivere un’esistenza di “vorrei ma non posso”. Questo viaggio mi ha fatto capire che sì, posso, e che il momento di giocare alla roulette russa con me stessa è adesso, e non un futuro ipotetico in cui la situazione, magari, potrebbe essere diversa, magari migliore. Tutto quello che conta è il presente, e il modo in cui lo costruiamo sentendoci bene nella nostra pelle.
Ci sono stati momenti in cui mi sono sentita sola
Durante questi 60 giorni di viaggio in moto non sono sempre stata felice o spensierata, ma ho capito l’importanza di ascoltarsi davvero, per trovare una soluzione e uscire dall’impasse. Ci sono stati momenti in cui ho vacillato, altri in cui sono stata serena, gioiosa e fiera della mia indipendenza. Altre volte avrei voluto avere qualcuno accanto per sentirmi protetta, e per mettere a tacere – anche solo per qualche minuto – la sensazione di dover sempre e solo contare su me stessa. Ma per la maggior parte del tempo mi sono sentita lucida nelle mie decisioni, forte nella certezza di essere sulla strada giusta, e quando arrivavano i momenti più bui trovavo sempre il modo di affrontarli. Per chiudere gli occhi, poi, e svegliarmi di nuovo con il sorriso, e il cuore pieno di positività.
Sono certa che chiunque abbia affrontato un lungo viaggio su due ruote possa capire quello di cui sto parlando. Siamo umani, dopotutto, e non saremmo gli esseri straordinariamente complessi e geniali che siamo se affrontassimo la vita con il paraocchi, senza mai allontanarci dalla retta via e senza mai fare qualche passo tremolante. Se fossimo sempre certi di noi stessi e della nostra forza, invece di incespicare nei momenti in cui la vita giunge a un punto di svolta.
Ma il bello è anche questo, no? Io non sarei la persona che sono, se in questi anni non mi fossi data il tempo, e lo spazio, di riflettere sul prossimo passo da fare. E questi 60 giorni di viaggio in moto sono stati soprattutto questo: tempo e spazio, e poi gentilezza e comprensione. Verso me stessa, che sono per certo l’unica persona con la quale dovrò passare il resto della mia vita.