L’ho riconosciuta subito, la violenza, quando l’ho vista avvicinarsi. Aveva un passo familiare, e un atteggiamento che avevo vissuto troppe volte.

La cosa peggiore è stata scorgerla qui, in questo luogo che per me rappresenta la serenità, i pensieri felici, il sentirsi forti nei propri sogni: l’ho vista a qualche metro di distanza e non sono riuscita a staccarle gli occhi di dosso. Avete presente quando assistete a una scena che vi spaventa o vi disgusta, in un film o nella vita reale, e l’unica cosa che vorreste fare è girare la testa dall’altra parte e invece finite per tenere lo sguardo fisso, come ipnotizzati?

Ecco, ieri è andata così. Avrei voluto allontanarmi, non vedere, e invece la vita aveva deciso di ripropormi una moviola fin troppo nota. Per farmi vedere con occhi nuovi quello che, da dentro, per troppo tempo non avevo avuto il coraggio di realizzare… o per ricordarmi che io ho avuto la forza di uscirne, ma che per molte donne la strada è ancora lunga, ed estremamente impervia.

… il mostro può dormire accanto a te.

Mi trovavo alla mia porta, all’ingresso del parco: gli ospiti arrivavano tranquilli, in una bella giornata di sole di fine maggio, mi allungavano i loro biglietti e poi entravano. Tutto scorreva sereno e pacifico, ero concentrata su quello che stavo facendo ma ogni tanto alzavo la testa, per guardarmi intorno: è stato proprio in quel momento che li ho visti. Arrivati alla porta sulla mia destra, a pochi passi di distanza dalla mia collega – che giustamente, essendo concentrata sui primi della fila, non li ha notati – hanno subito catturato la mia attenzione. Non so spiegare né trovare una ragione, ma qualcosa mi ha spinta a osservarli. Lei indossava una t-shirt rossa su un paio di shorts di jeans, e aveva capelli biondissimi che le arrivavano appena sotto le spalle, lui era alto, longilineo e vestito di scuro. Li ho visti, a qualche metro dalla porta, con i tratti tesi, e l’ho percepita sul fondo della pancia quella sensazione troppo familiare. Lui, arrabbiato, le ha detto qualcosa con fare violento, sbattendole sotto al naso il biglietto, fin quando si sono avvicinati al tornello e io sono tornata al mio lavoro. Persone, di fronte a me, aspettavano di entrare, e non era giusto farle attendere perché io ero persa nella contemplazione di qualcosa che non mi riguardava. Però la sensazione sgradevole non se ne andava, e qualche secondo dopo sono tornata ad osservare la scena, con la coda dell’occhio. C’era un problema con il biglietto, era chiaro: dopo mesi di questo lavoro potevo immaginare cosa la mia collega stesse dicendo, ma è finito tutto in pochi secondi. Si sono voltati, e si sono incamminati verso il Disney Village e il parcheggio. Fino a quando, scansionato anche l’ultimo biglietto, ho alzato di nuovo la testa e li ho visti, a metà strada fra l’ingresso e l’uscita.

Lui era a pochi centimetri di distanza da lei, e la sovrastava: mi si è gelato il sangue, e probabilmente se mi avessero colpito con una spranga in mezzo alla schiena avrebbe fatto meno male. Sono rimasta pietrificata per una frazione di secondo, il tempo di vedere l’uomo urlare contro la compagna, prenderle il sacco che aveva in mano e lanciarlo lontano, verso la siepe. Incamminandosi a passo di marcia, poi, verso l’uscita, mentre lei si accartocciava su se stessa e incominciava a piangere.

Di fronte alla violenza non si può restare in silenzio

Mi ci è voluta un’equivalente frazione di secondo per uscire dallo stato ipnotico in cui mi aveva gettato la scena e decidere di intervenire. Ho chiamato subito una collega dietro di me, proprio mentre alla mia porta arrivava uno degli Expé della mia squadra. 

La fortuna aveva voluto che fosse stato allertato per un’altra questione, e con lui l’efficientissima Security che ogni giorno è al nostro fianco, pronta per ogni evenienza. In 30 secondi avevo spiegato la situazione al mio superiore, e ci siamo avviati verso l’uscita. La signora vestita di rosso non era lontano da noi, e ad avvicinarla è stata un membro femminile della Secu. Le ha chiesto se potessimo aiutarla, se ci fosse qualcosa che potevamo fare… e lei si è allontanata. Lui la osservava, qualche metro più in là, verso il parcheggio, e controllava ogni sua mossa.

Io ero l’unica testimone, e ho dovuto raccontare ancora due volte quello che avevo visto: una volta all’addetta alla sicurezza intervenuta subito dopo la mia segnalazione, e una seconda volta alla responsabile della Security, un’altra donna, arrivata pochi minuti dopo.

Eravamo tre donne, come lei, e non abbiamo saputo aiutarla, questo è quello che mi ha fatto stare peggio. Il mio Expé, unico uomo in quel momento, mi ha chiesto se credevo che fossero una coppia, o se avevo avuto l’impressione che fossero due sconosciuti. Non avevo dubbi in merito, e l’ho detto con molta sicurezza guardando le due signore accanto a me.

Ho detto senza vergogna che quella dinamica violenta la conoscevo troppo bene, che i gesti, le urla a pochi centimetri dal viso e l’andarsene di punto in bianco, purtroppo, mi facevano essere quasi certa ci trovassimo di fronte a una relazione assodata. Malata, distruttiva e velenosa, ma pur sempre relazione. Nessuna delle donne accanto a me mi ha contraddetta.

Dalle relazioni malate si può, e si deve uscire

Non abbiamo potuto fare altro che andarcene. Io sono tornata al mio lavoro, e così gli altri. Ma l’ho guardata un’ultima volta, la signora vestita di rosso, prima che scomparisse sotto la tenda dei controlli e si avviasse verso al parcheggio.

Sono tornata alla mia porta con il morale sotto ai piedi, e la sensazione sgradevole sul fondo dello stomaco non mi ha abbandonata per tutto il giorno.

Avrei voluto fare qualcosa per lei, e invece se ne è andata senza il nostro aiuto, tornando alla sua vita sicuramente fatta di umiliazioni, crudeltà e mancanza di amore. Mi è venuto da piangere e mi sono arrabbiata, perché nessuno merita di essere trattato così, nessuno merita di sentirsi piccolo solo perché qualcuno lo reputa l’unico modo per sentirsi grande.

Dalle relazioni malate si può, e si deve, uscire. Non è facile, ci vuole tempo e una dose massiccia di coraggio, ma lo dobbiamo a noi. Alla forza che non crediamo di avere ma abbiamo, all’amore che sappiamo dare e che merita di essere ricambiato con altrettanto amore.

Io non so se saprò mai amare e fidarmi ancora, ma so che quello che vivevo mi avrebbe uccisa dentro, molto presto. Così ho disperatamente chiesto aiuto e, un giorno, ho deciso di amarmi di più. Ponendo fine a una relazione che mi stava smantellando, pezzo dopo pezzo, e che di me non avrebbe lasciato niente.

Non sei sola

A quella donna vestita di rosso vorrei dire che non è sola, che avrebbe dovuto afferrare la mano che le stavamo tendendo… Che esiste un modo per mettere fine alla tortura, che è forte e libera nelle sue scelte. Che ha la possibilità di essere indipendente, bella e felice. Deve solo fare un passo verso se stessa, e lontano da lui.

Ho voluto parlare di questo argomento perché so che non è facile. Perché è un incubo che ancora troppe donne pensano di non avere il potere di allontanare.

Non è così, e non deve esserlo. Quindi cercate di trovare la forza di parlarne, non restate in silenzio. Non fatevi distruggere e sappiate che la forza di vivere con il sorriso è già dentro di voi. Non pensate di meritare la violenza e non pensate di non essere all’altezza di nient’altro.

Sono uomini piccoli, quelli che vi annientano per sentirsi invincibili. E gli uomini piccoli non meritano di essere amati.

«Nessuno, di fronte alle donne, è più arrogante, aggressivo e sdegnoso dell’uomo malsicuro della propria virilità».
Simone de Beauvoir

Telefono Rosa 1522

So che nel mio Bel Paese di origine la strada per la tutela delle donne, anche a livello legislativo, è ancora molto, molto lunga. Ma qualcosa si sta muovendo, e quello che ho vissuto sulla mia stessa pelle mi spinge ogni giorno a cercare di diffondere un messaggio positivo, che raggiunga quante più donne possibile e le aiuti a credere in se stesse.

Io, nel momento del bisogno, ho potuto contare su amici e famiglia, ma capisco che ogni storia fa a sé, e che non sempre è semplice ottenere supporto incondizionato. Per questo motivo esiste il numero nazionale anti violenza e stalking, che potete contattare 24h/24, ogni giorno della settimana.

Il Telefono Rosa, raggiungibile al numero 1522, è sempre presente per offrirvi supporto. In collaborazione con il Ministero delle Pari Opportunità, e con le Forze dell’Ordine in caso di emergenza.

 

4 Comments

  • Silvia Mariotto
    Posted 27 Maggio 2019

    Sono rimasta davvero colpita quando anche una seconda donna da me cotattata vittima di violenze di vario genere, mi ha ribadito che pensava che ciò che accadeva a Lei, succedesse più o meno anche alle altre. Certo, nessuno ne parla apertamente, ma succede un po’ in tutte le famiglie. Questa errata convinzione, assieme alle 50 sfumature della paura, hanno tenuto lontana per almeno 20 anni questa donna , dalla sua salvezza, dalla sua libertà. Non fosse stata per sua figlia che l’ha incoraggiata ad uscirne, non avrebbe mai parlato del suo segreto, non avrebbe scoperto che nelle famiglie violenza e/o umiliazioni non sono la normalità, non si sarebbe accorta di quante persone vogliono aiutare, non avrebbe denunciato e, certamente non avrebbe avuto la vita splendida che vive ora, rispettata, valorizzata ed amata, come ogni donna merita di essere.

    • Arianna Lenzi
      Posted 5 Giugno 2019

      La violenza e la mancanza di dolcezza NON DEVONO essere la norma. Parliamone, e facciamoci forza insieme.

  • Ilaria
    Posted 28 Maggio 2019

    Una violenza è anche mentale, forse fa più male perché le ferite, i lividi dentro di noi non sono visibili e non guariscono mai.
    Prendiamo i nostri sorrisi e facciamoli brillare sempre!!

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