Chi sceglie di partire per una lunga avventura su due ruote solitamente impiega mesi a preparare tutto quello che verrà. Dalla scelta dell’equipaggiamento per il proprio mezzo (che sappiamo essere uno step fondamentale), all’abbigliamento e alle questioni burocratiche, ci vuole tempo perché tutti gli ingranaggi della macchina del viaggio avventura si mettano in marcia allo stesso ritmo. Poi, invece, c’è che rifiuta le complicazioni, e decide di approcciarsi alle esplorazioni in motocicletta nel modo più naturale possibile. Come Stefano Cipollone, che in sella al suo Peugeot XPS 125 pensava di raggiungere la Croazia e invece, chilometro dopo chilometro, è arrivato fino in Malesia.
Dall’Italia all’Asia in sella a un Peugeot XPS 125
Di origine abruzzese, classe 1992, Stefano non credeva certo che ad attenderlo ci sarebbe stato un viaggio di questa portata.
«Mi trovavo a Chiavari, per prepararmi a un esame piuttosto importante per la mia carriera lavorativa. Sapevo che ci sarei restato tre mesi, e quindi avevo deciso di non raggiungerla in auto. Muoversi in Liguria è spesso problematico per via del traffico, così mi era sembrato che la cosa più saggia fosse partire da Ortona in sella all’unica due ruote che possedevo, e usare questa per muovermi in loco – racconta -. Sempre in sella al Peugeot XPS 125 mi sono poi recato a Venezia, dove ho sostenuto l’esame. Era il novembre del 2018, e in quella prova avevo investito tanto, tantissimo. Se l’avessi passata avrei acquisito il titolo professionale di Primo Ufficiale di Coperta, che mi avrebbe garantito sbocchi lavorativi interessanti. Per questo avevo deciso di investire un anno della mia vita nello studio, per prepararmi al meglio, e i tre mesi in Liguria rientravano nel piano. Una volta sostenuto l’esame, però, ho scoperto che avrei avuto almeno 30 giorni di tempo prima di conoscere i risultati: così ho pensato di puntare oltre confine. Per esplorare la Croazia in tutta calma, ma con l’idea di rientrare in Italia in traghetto dopo poco».
Ed è proprio per il fatto di essere partito con l’idea di fare una vacanza improvvisata che Stefano Cipollone non era veramente attrezzato. Non aveva abbigliamento tecnico da moto, non aveva equipaggiamento, ma nonostante questo ci ha preso subito gusto.
«Semplicemente il procedere per scoperte lente, giorno dopo giorno, mi ha stregato, così ho deciso di andare avanti ancora un po’, percorrendo la litoranea balcanica – aggiunge -. In Albania ho però saputo, sfortunatamente, di non aver passato una delle tre parti di esame, e quindi di essere stato bocciato. Ho reagito subito, e non mi sono fatto abbattere, perché la sessione successiva sarebbe stata a marzo. Quindi ho deciso di proseguire fino alla Grecia, e poi Istanbul. Dove, grazie ad un ragazzo conosciuto sul traghetto del Bosforo, ho lasciato la moto per qualche mese».

Ha trascorso le vacanze di Natale in Italia, quindi, Stefano Cipollone: poi si è rimesso a studiare, ha sostenuto il test a marzo e, come previsto, è ripartito. In questo caso aveva subito saputo i risultati, ed era andata bene. Però voleva ritagliarsi ancora del tempo per viaggiare, prima di proseguire con la nuova mansione.
«Sapevo di poterlo fare, era una scelta consapevole, quindi dopo quel primo mese di viaggio, da novembre a dicembre, le vacanze a casa e l’esame, sono tornato in Turchia per proseguire la mia avventura in sella al Pegiottino – racconta -. L’obiettivo era raggiungere la Cappadocia, però di nuovo l’emozione di viaggiare, di scoprire, di vedere, ha avuto la meglio. E quando, ad Ankara, ho conosciuto un ciclista francese che mi ha raccontato di quanto fosse meraviglioso l’Iran, ho capito che non me lo sarei potuto perdere».
Così la decisione è presto presa: Stefano Cipollone torna di nuovo in Italia, per sbrigare le macchinose pratiche necessarie per richiedere il Carnet de Passage en Douane e per prepararsi al resto dell’avventura. Ci resta un solo mese, giusto il tempo di fare quanto necessario: un necessario, però, nel quale rientrano anche i visti di Pakistan e India.
«Perché a quel punto avevo capito come reagivo all’emozione di poter viaggiare su due ruote, e di errori di valutazione ne avevo già fatti troppi – aggiunge -. E se, una volta alla fine dell’Iran, avessi davvero voluto passare il confine con il Pakistan, e poi quello con l’India? Il visto del Pakistan va richiesto nel proprio Paese di origine, quindi già che mi trovavo in Italia tanto valeva farlo. Quello che sarebbe arrivato sarebbe arrivato, ma volevo essere pronto a ogni eventualità».
Un viaggio in moto a tappe
Una volta tornato ad Ankara dall’Italia ottiene il visto dell’Iran e poi prende un volo per rientrare in Cappadocia, dove aveva lasciato la moto. Era l’aprile del 2019: in Turchia faceva ancora freddo e le montagne erano innevate. Questa volta vestito di una giacca Spidi della fine degli anni ’90, prestata da uno zio, e un paio di stivali imbottiti di pelliccia comprati in Bosnia, Stefano Cipollone si sentiva pronto per l’avventura che lo aspettava.
«Se non che il giorno di Pasqua (me lo ricordo perfettamente perché ero seduto in un caffè a leggere) non mi sono reso conto che dei poliziotti in borghese erano stati allertati dalla presenza di uno straniero, e che quello straniero ero io – racconta, ricordando la strana vicenda -. Purtroppo erano convinti fossi un Foreign Fighter, e ci è voluto un po’ di tempo per fargli capire che le cose non stavano così. Che ero solo un viaggiatore che si stava spostando in sella a un mezzo certo inusuale, ma che non era arrivato lì per militare o combattere guerre più grandi di lui».
I primi problemi di carburazione al Peugeot XPS 125 Stefano Cipollone li ha avuti in Turchia, ma nonostante questi, procedendo a singhiozzo, ha tirato dritto fino a Erzurum. Dove, facendosi capire a gesti, ha trovato un’officina nella quale hanno inquadrato perfettamente quale fosse la situazione, e l’hanno risolta in un battibaleno.
«Da lì ho iniziato a intendermene qualcosa in più di meccanica, perché mi rendevo conto che si trattava di un aspetto molto importante, che non potevo trascurare – spiega, ridendo -. E così il viaggio è continuato. Portandomi verso la Georgia (visto che le bellissime montagne del Kurdistan sembravano non essermi bastate), dove ho vissuto le mie prime esperienze in offroad, ho fatto un trekking molto suggestivo e ho persino dovuto affrontare una stallonatura».
A Tbilisi Stefano Cipollone conosce un motociclista tedesco, Kevin, originariamente nato in Kazakistan e alla guida di un BMW GS650. Insieme entrano in Armenia, e puntano verso la regione del Nagorno Karabakh. Dove, a causa delle curiosità del suo compagno di viaggio, li hanno presi per delle spie.

«In un luogo già di per sé piuttosto complesso, e dove sarebbe buona cosa evitare ulteriori complicazioni – fa presente Stefano, con una punta di rammarico -. Nonostante tutto la situazione si è risolta per il meglio e abbiamo proseguito, fino al confine con l’Iran. Però era il maggio del 2019, ormai, ed era stato approvato il divieto di accesso alle moto con cilindrata superiore ai 250cc. Così Kevin ha dovuto abbandonare la moto in dogana, ripiegando sul noleggio auto e l’uso di mezzi pubblici, mentre io ho potuto proseguire liberamente. E i 30 giorni che sono seguiti sono stati davvero speciali, perché ho avuto modo di conoscere persone e famiglie straordinarie, confermando quanto mi era stato detto da tanti viaggiatori. E cioè che l’Iran è sì un posto unico, ma che le persone che lo abitano lo sono ancora di più».
Quando si è trattato di varcare il confine con il Pakistan, Stefano Cipollone non nega di aver provato un po’ di paura. Ma il desiderio di capire era più grande, così come quello di vedere con i propri occhi cosa quel Paese gli avrebbe riservato.
«Insieme a Mark, che guidava un Transalp 600, sono stato scortato da militari in staffetta – spiega -. I checkpoint erano ogni 15/20 chilometri, e ogni volta bisognava mostrare i documenti e compilare le pagine di un enorme libro. Sembrava di essere catapultati indietro nel tempo».
I due motociclisti, arrivati a Quetta (la capitale della regione del Beluchistan, un territorio tribale che ricopre 1/3 dell’estensione del Pakistan) ne hanno subito avuto un’impressione molto forte.
«Sembrava di essere a Sodoma e Gomorra – ricorda Stefano Cipollone -. È una città congestionata, pericolosa, e per attraversarla siamo stati accompagnati da un pick-up, un mezzo blindato e militari in moto. Dopo essere rimasti fermi 3 giorni, (perché dovevamo ottenere un permesso per lasciare la regione), e dopo aver sofferto per una febbre molto alta, probabilmente dovuta ad un’intossicazione, abbiamo raggiunto Multan. Qui siamo stati liberati dalla scorta, e ci siamo divisi».
Se inizialmente il piano prevedeva di raggiungere Lahore, e da qui entrare in India, è bastato poco, a Stefano, per cambiare idea.
«Per anni avevo sentito parlare di Islamabad, così prima di lasciare il Pakistan ho deciso di raggiungerla, insieme al mio Peugeot XPS 125 – aggiunge -. Qui sono stato ospitato da un ex ufficiale della marina militare pakistana che sognava di raggiungere l’Europa in Jeep, e insieme a lui ho festeggiato il mio compleanno».

Fino al sogno successivo.
«Sì, perché una volta lì ho iniziato a fantasticare di raggiungere il campo base del K2 – continua a raccontare -. Ma purtroppo il sogno si è rivelato più complicato di quanto non credessi: il trekking, tra permessi e spese varie, arriva a costare anche 2mila dollari, e io quei soldi non li avevo. Così è nata l’idea di lanciare un crowdfunding, e la cosa ha avuto anche un buon successo. Se non che mi sono trovato ammalato, e costretto a letto per una settimana, in un paesino sopra i 2.000 metri di quota e in quel momento in totale black-out. Ho temuto di aver contratto il tifo, senza aver modo di accedere a medicinali, ma dopo 7 giorni ho iniziato a stare meglio, e con ancora una settimana di tempo a disposizione, per riprendermi al meglio, mi sentivo pronto per affrontare il trekking. Sfortunatamente, però, l’agenzia che si occupava dell’organizzazione, mi ha comunicato di aver ottenuto soltanto 1 dei 2 permessi necessari per l’escursione: avevano ricevuto quello rilasciato dal Ministero del Turismo ma non quello che avrebbero dovuto redarre i militari. E non sarebbe arrivato a breve: purtroppo l’esercito pakistano avrebbe impiegato almeno 30 giorni per farcelo avere. Troppo tardi, visto che il trekking sarebbe cominciato solo dopo 7 giorni, e quindi ho dovuto rinunciare al mio sogno. Decidendo di restituire i soldi che mi erano stati donati. Proseguendo, poi, per la mia strada».
Così Stefano Cipollone è tornato a Islamabad e poi Lahore, preparandosi ad entrare in India proprio durante la stagione dei monsoni. Aveva lasciato la Cappadocia ormai tre mesi prima, e in quel momento iniziava a sentire la fatica di tutti i chilometri percorsi.
«Ero stanco anche a livello mentale, e sentivo che era arrivato il momento di prendermi una pausa. Così, lasciata la moto a casa di un motociclista conosciuto in India, nel mese di luglio sono tornato in Italia – ha aggiunto Stefano Cipollone -. Decidendo di mettere il viaggio in pausa per un attimo, e imbarcandomi per un paio di mesi».

Una volta finita l’esperienza lavorativa, Stefano Cipollone è ripartito per l’India. Questa volta con il periplo del Paese, in programma, e il desiderio di continuare a fare chilometri.
«In India ho però capito che non è tutto oro quello che luccica – aggiunge -. Il traffico e la fatica di muoversi vanno tenuti in considerazione, e ho avuto la percezione che la bellezza, sopratutto lì, venisse scalzata dal caos. Però è una nazione molto interessante, che cambia moltissimo da una zona all’altra, e merita di essere scoperta. Nonostante i difetti, nonostante le difficoltà oggettive».
Stefano Cipollone si è poi spostato verso il confine con il Bangladesh, seguendo le orme di Matteo Nanni. Ed è qui che si è sentito davvero a casa.

«Un conoscente di Matteo si è fatto trovare alla dogana, insieme ad almeno altri 15 amici motociclisti, per aiutarmi con i documenti necessari – racconta Stefano -. È stata l’accoglienza più bella di sempre: mi hanno fatto festa e mi hanno donato un mazzo di fiori, come vuole l’usanza di questo Paese ancora poco turistico, ma veramente ospitale. Non dimenticherò mai quel caloroso benvenuto, e tutto il supporto che mi è stato dato».
Purtroppo ha potuto solo attraversarlo, in circa quattro giorni, e per accedere al Myanmar è dovuto transitare per le Sette Sorelle, e la sua lussureggiante giungla montana.
«Dopo aver anche dormito in un campo dell’esercito, a Imphal ho ricevuto un preziosissimo pacco contenente dei pezzi di ricambio – ricorda Stefano -. Grazie allo straordinario aiuto di un imprenditore di Milano che ha una fabbrica a Nuova Delhi, ho potuto avere fra le mani, finalmente, la frizione e il paraolio che mi servivano. E grazie Jess, un motociclista inglese ex meccanico Audi, ho potuto montare tutto. Intervallando il lavoro con aneddoti straordinari, visto che era in viaggio intorno al mondo da cinque anni».

Condividere il viaggio, conoscere e imparare
Una volta pronta la moto Stefano Cipollone è finalmente potuto entrare in Myanmar, accodandosi a un gruppo di motociclisti malesiani.
«Purtroppo l’accesso è scaglionato a gruppi, e il difetto è che, in questi casi, bisogna adattarsi alle esigenze della maggioranza – spiega, con una punta di tristezza -. Il fatto che fossi il più lento del gruppo era un problema relativo, per il quale bastava organizzarsi: alla mattina partivo sempre prima, rispetto a loro, e la sera arrivavo sempre dopo massimo 15 minuti, preciso come un orologio. Il fatto che loro, però, avessero fretta, non ero in grado di cambiarlo. Così, strada facendo mi sono inventato mille trucchi per sopravvivere alla stanchezza, ed ero convinto che una volta raggiunto il confine con la Thailandia tutto sarebbe andato per il meglio. E invece no, visto che i loro BMW GS1200 e KTM1290 sono stati fatti passare, e io con il Peugeot XPS 125 sono stato bloccato. In dogana hanno iniziato a insistere che fosse necessario appoggiarsi ad un’agenzia, e che i miei documenti presentavano alcune inesattezze. In qualche modo, però, dopo un po’ sono riuscito ad uscire dalla situazione di impasse. Ho caricato il Pegiottino su di un pick-up, almeno per passare i primi checkpoint, e poi ho proseguito in sella fino a Bangkok. Con l’idea di continuare a puntare verso sud, fino a Kuala Lumpur, in Malesia».

A Singapore Stefano Cipollone arriva in bus, per via delle restrizioni applicate alle targhe straniere, e fa una scommessa con l’Associazione Italiana locale: vincerà 500 dollari se riuscirà ad entrare nel Paese con una moto con targa italiana. Un’ennesima sfida, ma sulla quale sono certa che Stefano Cipollone saprà avere la meglio.
Magari quando si potrà tornare a viaggiare con il cuore leggero, visto che il 19 dicembre 2019 ha lasciato il Pegiottino per la quarta volta, ed è rientrato in Italia.
«Stavo pensando di ripartire, di organizzare le tappe successive. Ci avevo messo un mese solo per trovare collegamenti e informazioni, stavo già cercando i biglietti e un nuovo progetto stava per vedere la luce. Ma forse la vita non vuole vedermi fare programmi, perché mi preferisce far vivere avventure che si costruiscono man mano – aggiunge -. Non lo so cosa accadrà, ma sono sicuro che questa sia solo una pausa lungo il tragitto, e che presto mi rimetterò in moto».
I sogni di Stefano Cipollone sono ambiziosi, visto che mira a portare il Pegiottino verso Sumatra, Java, e qui imbarcarsi su di una nave per il Borneo. Raggiungendo le Isole delle Spezie – dove la Compagnia delle Indie raccoglieva la vaniglia -, poi la Papua Indonesiana e l’Australia.
«Quello che più ha lasciato il segno, in questi 7 mesi complessivi di viaggio, è stato il rendermi conto di come il mondo sia popolato da persone generose, in grado di accoglierti a braccia aperte – conclude -. E se la mia esperienza on the road era davvero nata per caso, per un’estemporanea voglia di conoscenza… quella sete di avventura si è sempre fatta più marcata, fino a diventare una vera e propria sfida. Con me stesso, con chi ci vuole far credere che per viaggiare servano determinati tipi di mezzi, e determinate possibilità economiche. Il mio viaggio vuole testimoniare che, davvero, tutto è possibile, visto che io ho percorso 22mila chilometri, attraverso 20 nazioni, spendendo in media 20 euro al giorno».

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