Quando mi è stato proposto di partecipare a “Un weekend col nonno” l’autore aveva le idee ben chiare riguardo alla mia storia e a quella di mia nonna.
La nostra puntata sarebbe stata dedicata al tema delle “radici”, della storia personale e della migrazione, alla ricerca di un posto migliore e di nuovi sogni.
Se nonna, dopo un periodo di folli fughe lontane dalle bombe, aveva trovato la propria stabile quotidianità in un piccolo mondo di certezze e di agio, io ho seguito il percorso in direzione esattamente opposta, allontanandomi dalla linearità e scegliendo le scadenze, gli spostamenti, la frenesia della corsa.
Ho riflettuto sul tema che avremmo dovuto affrontare di petto, fino al momento in cui mi sono fermata e ho realizzato che avrei dovuto far capire a nonna che per me non è sempre l’ordinarietà a rappresentare la serenità, la pace assoluta, ma che anzi, spesso sono il movimento, le incertezze e i luoghi lontani da casa a farmi sentire in pace col mondo, a colmare ogni vuoto.
Riflettevo su quel tema così denso di quesiti e ho capito di essere cresciuta nel momento in cui ho iniziato a dare davvero voce ai miei desideri e ho smesso di accettare sentimenti a metà, giorni di accettazione silenziosa e un cuore provato dalle continue montagne russe.
È stato allora che ho capito che non c’è colpa, non c’è errore, nel vagare. C’è solo desiderio di sapere di più, di ancorarsi al mondo intero, e non solo ad un infinitesimale angolo di crosta terrestre.
Come possiamo, a vent’anni, avere la presunzione di dire che quello in cui ci troviamo sia davvero il luogo in cui vogliamo passare il resto della nostra vita?
Come possiamo eleggere un luogo a regno della nostra stabilità se non abbiamo mai errato, se non abbiamo mai esplorato il resto del mondo chiedendoci se, davvero, la nostra casa non potrebbe essere altrove?
Siamo davvero sicuri che in un altro luogo non potremmo provare una felicità ancora più grande? E che tutto quello che, ad un certo punto, decidiamo di lasciarci alle spalle, non sia davvero l’unica certezza alla quale poter tornare quando lo desideriamo?
Per me sono quelle le vere radici: sono le persone che amiamo, le storie che ci si sono infilate nell’anima, i luoghi dei battiti di cuore e dei sospiri.
Non hanno scadenza, sono l’unica certezza che ci è rimasta in un mondo di forse, e di molti perchè.
Le radici sono quella cosa che ti permette di aggrapparti in maniera ben salda ad un terreno, di renderlo casa tua per un po’, di prendere dalla terra tutto quello che c’è di buono. Fino al prossimo sogno, al prossimo orizzonte da dipingere.