Pochi giorni prima della mia laurea, mi sono comprata una moto. Volevo un mezzo che mi assicurasse la libertà di muovermi, che mi rendesse indipendente. Che non mi mettesse nella situazione di dover chiedere il permesso. Non potevo immaginare che quello sarebbe stato il giorno in cui la mia vita sarebbe cambiata per sempre.

È iniziato tutto così

È bastato poco per innamorarmi: ho capito che quando salivo in sella quel bisogno di indipendenza nello spostamento non poteva limitarsi alla quotidianità. Così ho iniziato a viaggiare, a percorrere migliaia di chilometri alla volta. Ho incontrato persone, vissuto esperienze. La moto è stato il collante di tanto, il propulsore di altro. È stata l’origine cdi cose straordinarie, e di altre dolorose.

Per questo ci sono state volte in cui – persa in quello che stavo vivendo – ho pensato per un attimo che se non avessi avuto quella passione bruciante forse tutto sarebbe stato più facile. Che se fossi stata più ordinaria forse i miei giorni avrebbero avuto un corso meno travagliato: non avrei avuto quell’amore (a cui ancora non so dare una spiegazione) a farmi sentire speciale, quando avrei solo voluto essere normale, banale, perché forse essendo normale e banale non avrei provato quello che provavo. Forse nell’ordinario avrei trovato la serenità, ma mi sono resa conto che non potevo cambiare chi ero.

Potevo solo scegliere di cambiare il modo in cui mi sentivo.

Come sono cambiata da allora

Oggi, quasi 10 anni dopo quel giorno di primavera in cui ho portato a casa la mia prima motocicletta, ho realizzato quanto sia cresciuta. Non sono la stessa persona che è partita per quelle prime, timide, esplorazioni. Ho attraversato un Universo intero, in questa decade: ho capito che viaggiare è nel mio DNA, e che più di ogni altra cosa è un atto spirituale. Un atto spirituale scomodo, che non sempre va nel verso giusto, ma che rappresenta il modo più efficace per connettermi a ciò che c’è di più grande attorno a me, soprattutto a quello che non posso vedere con gli occhi.

Quando attribuisco al viaggiare il ruolo di propulsore di tanta vita, lo faccio perché mi sono resa conto – in questi anni di viaggi con o senza due ruote – che viaggiare è la massima espressione di libertà. Per me viaggiare vuol dire raccontare una storia, trovare un significato più grande ai miei giorni, è partire per una missione e tornare cresciuta, migliore, qualunque cosa questo possa significare. 

È per questo che ho iniziato a scrivere dei miei viaggi: volevo trovare un modo per raccontare quello che vivevo, quello che provavo. Volevo avere in mano uno strumento che mi permettesse di liberarmi dei pesi che a volte sentivo dentro, permettendo di sentirmi più leggera, anche solo per un attimo.

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